Onorevoli Colleghi! - Con la previsione delle prestazioni lavorative occasionali di tipo accessorio, introdotte dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la riforma del mercato del lavoro ha creato una nuova tipologia di lavoro che può essere resa da soggetti che non sono ancora entrati nel mondo del lavoro, che ne sono usciti oppure che sono a rischio di esclusione sociale (inoccupati, disoccupati, casalinghe, studenti, pensionati, disabili, soggetti in comunità di recupero, lavoratori extracomunitari) limitata ad attività occasionali (lavori domestici, insegnamento privato, piccoli lavori di giardinaggio, insegnamento privato supplementare, piccoli lavori di giardinaggio e di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti, realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali, collaborazione con enti pubblici nonché per lavori di breve durata eccetera).
      Non è previsto un contratto scritto ed è stata introdotta una modalità innovativa di retribuzione che prevede l'uso di buoni prepagati, comprensivi sia della retribuzione che dei contributi previdenziali. Queste attività occasionali non possono dare luogo, per ciascun committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno.
      Per lo svolgimento di tali attività occasionali è richiesta l'iscrizione del lavoratore in apposite liste presso i centri per l'impiego, che provvedono alla concessione di una tessera magnetica che attesta la disponibilità dello stesso lavoratore a tali prestazioni.
      I beneficiari della prestazione di lavoro accessorio potranno acquistare presso i

 

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rivenditori autorizzati uno o più carnet di buoni per il pagamento della prestazione. Il lavoratore potrà, successivamente, incassare i buoni presso enti o società concessionari autorizzati a erogare i pagamenti dietro presentazione dei rispettivi buoni.
      L'introduzione di questa nuova tipologia di lavoro ha tre obiettivi principali:

          a) offrire occasioni di impiego e di integrazione di reddito a soggetti considerati a rischio di esclusione sociale o non entrati ancora nel mondo del lavoro, ovvero in procinto di uscirne;

          b) far emergere quella parte del lavoro nero che spesso è determinata anche da una non chiara disciplina dei lavori occasionali, tutelando i lavoratori che attualmente operano senza alcuna protezione previdenziale e assicurativa;

          c) regolamentare determinate attività lavorative che soddisfano esigenze occasionali che si creano prevalentemente in ambito familiare o in quello dell'associazionismo.

      Se applicato in modo flessibile, creativo, non troppo restrittivo e con procedure semplici, questo nuovo rapporto di lavoro offre indubbi vantaggi sia per il datore di lavoro che per il lavoratore:

          a) il datore di lavoro può beneficiare di prestazioni occasionali nella completa legalità, con copertura assicurativa per eventuali incidenti sul lavoro, senza rischiare vertenze sulla natura della prestazione e senza dover stipulare alcun tipo di contratto scritto. Questo tipo di prestazione breve può essere molto utile anche per coprire le assenze temporanee di collaboratori domestici e badanti, nei periodi in cui tornano nel proprio Paese d'origine per le ferie o per altre ragioni;

          b) il lavoratore può integrare le sue entrate o disporre di piccole somme con prestazioni occasionali il cui compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sul suo stato di disoccupazione. Ha inoltre una copertura previdenziale e assicurativa. Vi è anche un vantaggio di tipo educativo e formativo, in particolare per gli studenti che potrebbero, anche con il sostegno dei servizi di orientamento e collocamento delle scuole e delle università, affacciarsi nel mercato del lavoro in maniera regolare attraverso attività di insegnamento privato o collaborazioni con enti pubblici e con organizzazioni di volontariato.

      Le persone che hanno i requisiti soggettivi per poter svolgere prestazioni lavorative occasionali di tipo accessorio, come si può vedere nella tabella che segue, sono pari a circa 26 milioni (poco meno della metà della popolazione italiana). È probabile che le persone effettivamente disponibili siano molto meno e, alla luce delle analoghe esperienze per questa tipologia di lavoro che si registrano in Belgio, è possibile ipotizzare che solo l'1 per cento - 250.000 persone - vorrà utilizzare questa nuova forma di lavoro. Rappresenterebbe, in ogni caso, un contributo importante per la lotta al lavoro nero e anche un'importante fonte di integrazione del reddito per le persone con rischio di esclusione sociale.

Persone con i requisiti soggettivi per prestazioni lavorative occasionali di tipo accessorio (migliaia)

Studenti (censimento 2001)     3.589
Casalinghe (censimento 2001)     7.479
Pensionati (2005)     16.561
Pensionati con meno di 80 anni di età      13.374
Disoccupati da oltre un anno (2005)      911
Disabili iscritti ai servizi competenti per l'impiego disponibili al lavoro (dicembre 2005)     401
TOTALE (solo pensionati di età inferiore a 80 anni)     25.754

      Nonostante gli indubbi vantaggi di questa nuova tipologia di lavoro al fine di far

 

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emergere il lavoro irregolare e di integrare il reddito di persone a rischio di esclusione sociale nell'ambito di una procedura trasparente, legale e semplice, la sua sperimentazione in alcune aree, prevista dal citato decreto legislativo n. 276 del 2003, si è bloccata, sia per la mancata emanazione di una serie di decreti attuativi, ma anche a causa di alcuni limiti presenti nella normativa e, in particolare, per i seguenti motivi:

          1) il comma 2 dell'articolo 71 prevede che le persone interessate a svolgere le prestazioni occasionali di tipo accessorio devono comunicare «la loro disponibilità ai servizi per l'impiego delle province, nell'ambito territoriale di riferimento, o ai soggetti acereditati di cui all'articolo 7». Tale previsione crea un'inutile complicazione burocratica e un aggravio di lavoro per i centri per l'impiego, soprattutto se si tiene conto che i centri per l'impiego sono solo 532 a fronte dei 250.000 utilizzatori potenziali di questa nuova forma di lavoro. Occorre anche considerare che il centro per l'impiego o il soggetto accreditato si dovrebbe limitare a raccogliere l'autocertificazione da parte del lavoratore con la quale dichiara, sotto la sua responsabilità, di essere disponibile a svolgere prestazioni di lavoro accessorio e di possedere i requisiti soggettivi per poter effettuare tali prestazioni. Il lavoratore, inoltre, deve comunque recarsi anche presso il concessionario del servizio per entrare in possesso della tessera magnetica che attesta la sua condizione di lavoratore disponibile per le prestazioni lavorative occasionali di tipo accessorio. È opportuno, per tali ragioni, estendere questa attività di registrazione della disponibilità del lavoratore alle agenzie per il lavoro, ovviamente a titolo gratuito, e prevedere, nell'ambito della sperimentazione, di semplificare ulteriormente questa procedura affidando al concessionario del servizio tale incombenza, prevedendo anche l'obbligo di iscrizione alla borsa continua nazionale del lavoro delle persone che si dichiarano disponibili alle prestazioni lavorative occasionali di tipo accessorio;

          2) le procedure per l'individuazione del concessionario del servizio si sono rivelate più complesse del previsto, per cui è preferibile individuarlo nell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) che, a sua volta, è tenuto a stipulare convenzioni con soggetti che erogano servizi di cassa al fine di garantire una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale degli sportelli abilitati alla gestione dei carnet di buoni;

          3) non è stata indicata la necessità che i beneficiari delle prestazioni comunichino all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), anche per telefono, i dati anagrafici e altre informazioni del prestatore di lavoro;

          4) è opportuno incentivare, anche sulla base del modello francese del Chèque Emploi Service Universel, l'utilizzo dei carnet di buoni da parte delle imprese, degli enti locali e dei cittadini.

      La previsione di forme di incentivazione fiscale e contributiva per le imprese che intendono erogare i carnet di buoni come benefit ai propri dipendenti, in particolare alle donne che li possono utilizzare per i lavori di cura (baby sitter o badanti), costituisce un indubbio aiuto al superamento di quei problemi di conciliazione del lavoro con le esigenze domestiche che tengono lontano dal mercato del lavoro un numero consistente di donne italiane. L'erogazione diretta da parte dei comuni di questi buoni offrirebbe loro uno strumento più flessibile e meno costoso rispetto agli attuali per erogare servizi socio-assistenziali.

Descrizione dell'articolato della proposta di legge.

      La presente proposta di legge si compone di sei articoli.
      L'articolo 1 modifica l'articolo 70 del citato decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sopprimendo la limitazione dell'utilizzo delle prestazioni lavorative occasionali

 

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di tipo accessorio per vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, aumentando le aree di utilizzo di tale tipologia contrattuale.
      L'articolo 2 modifica, tra l'altro, il comma 2 dell'articolo 71 del decreto legislativo n. 276 del 2003, prevedendo che le persone in possesso dei requisiti previsti dal medesimo articolo possono comunicare la loro disponibilità a prestare lavori occasionali di tipo accessorio non solo ai servizi per l'impiego delle province, nell'ambito territoriale di riferimento, e ai soggetti accreditati dalle regioni, ma anche alle agenzie per il lavoro.
      L'articolo 3 interviene sull'articolo 72 del decreto legislativo n. 276 del 2003 apportandovi le seguenti modifiche:

          a) prevede l'obbligo da parte del beneficiario delle prestazioni lavorative occasionali di tipo accessorio di fornire all'INAIL i dati necessari per la copertura assicurativa;

          b) prevede che il calcolo dei contributi previdenziali per le imprese familiari sia ricondotto a quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 72;

          c) affida all'INPS la concessione del servizio prevedendo che sia tenuto a stipulare convenzioni con soggetti che erogano servizi di cassa al fine di garantire una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale degli sportelli abilitati alle attività di gestione del servizio.

      L'articolo 4 introduce l'articolo 73-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003, che rinvia a un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale l'adozione di misure per la promozione dell'utilizzo dei carnet di buoni da parte delle imprese e degli enti locali, da attuare mediante la previsione:

          a) di incentivi alle imprese che utilizzano i carnet di buoni come benefit per i propri dipendenti;

          b) di incentivi agli enti locali che utilizzano i carnet di buoni per l'erogazione di servizi socio-assistenziali.

      L'articolo 5 interviene sull'articolo 74 del decreto legislativo n. 276 del 2003, ampliando la tipologia delle prestazioni di lavoro occasionale che esulano dal mercato del lavoro.
      L'articolo 6, infine, dispone la copertura degli oneri derivanti dall'attuazione del provvedimento.

Analisi del quadro normativo.

      Le prestazioni lavorative occasionali di tipo accessorio, introdotte dalla riforma del mercato del lavoro (legge delega 14 febbraio 2003, n. 30), sono quelle attività di lavoro autonomo che hanno natura meramente occasionale e che sono «rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mondo del lavoro, ovvero in procinto di uscirne».
      Le prestazioni occasionali di tipo accessorio, previste dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 4 della citata legge delega n. 30 del 2003, sono state disciplinate dagli articoli da 70 a 73 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276. Gli articoli 70 e 72 del medesimo decreto legislativo n. 276 del 2003 sono stati successivamente modificati, rispettivamente, dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 6 ottobre 2004, n. 251, dall'articolo 1-bis del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e dal comma 6 dell'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
      L'articolo 70 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003 precisa che sono ammesse a questo particolare regime solo le prestazioni rese nell'ambito:

          «a) dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap;

          b) dell'insegnamento privato supplementare;

          c) dei piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti;

 

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          d) della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;

          e) della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà;

          e-bis) dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al commercio, al turismo e ai servizi;

          e-ter) dell'esecuzione di vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuata da studenti e pensionati».

      Il comma 2 dello stesso articolo precisa che queste attività lavorative, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria se non danno complessivamente luogo, per ciascun committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare. Le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo complessivo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro.
      L'articolo 71 definisce i soggetti che possono effettuare prestazioni occasionali di tipo accessorio:

          «a) disoccupati da oltre un anno;

          b) casalinghe, studenti e pensionati;

          c) disabili e soggetti in comunità di recupero;

          d) lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro».

      Nel comma 2 del citato articolo si prevede che tali soggetti, se sono interessati a svolgere prestazioni di lavoro accessorio, comunicano la loro disponibilità presso i servizi per l'impiego delle province o i soggetti accreditati e ricevono, a proprie spese, «una tessera magnetica dalla quale risulti la loro condizione».
      L'articolo 72 descrive una procedura innovativa per l'esercizio di questa nuova tipologia di rapporto di lavoro.
      Il datore di lavoro che vuole ricorrere a prestazioni di lavoro occasionale di tipo accessorio deve acquistare, presso le rivendite autorizzate, uno o più carnet di buoni, il cui valore nominale sarà definito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (ora Ministro del lavoro e della previdenza sociale). I buoni saranno utilizzati per pagare il prestatore di lavoro che, a sua volta, riscuoterà le somme corrispondenti presso il concessionario del servizio (individuato nella fase sperimentale con un successivo decreto dello stesso Ministro). Tale compenso è esente da imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupazione.
      Il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale; effettua per suo conto il versamento dei contributi previdenziali nella gestione separata dell'INPS, nella misura del 13 per cento del valore nominale del buono, e per i fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, nella misura del 7 per cento. Trattiene anche l'importo per il rimborso delle sue spese, nella misura che sarà definita dal citato decreto ministeriale. Per le prestazioni a favore delle imprese familiari si applica la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato.
      Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 30 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2005, e successive modificazioni, ha stabilito che le aree in cui sarà sperimentata questa nuova tipologia di lavoro sono undici: Verbania, Milano, Varese, Treviso, Bolzano, Udine, Venezia, Lucca, Latina, Bari e Catania.
      Lo stesso decreto ha fissato in 10 euro il valore nominale dei buoni per le prestazioni di lavoro accessorio, il 5 per cento del quale viene trattenuto dal concessionario a titolo di rimborso spese. La scelta del concessionario del servizio per la fase di sperimentazione di cui al comma 1 è effettuata con l'espletamento di una gara,

 

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nel rispetto della vigente normativa nazionale e comunitaria.
      Per poter avviare la sperimentazione era necessario che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali emanasse un apposito decreto per regolamentare criteri e modalità per il versamento dei contributi all'INPS e all'INAIL e delle relative coperture assicurative e previdenziali.
      L'articolo 73 prevede, infatti, che l'INPS e l'INAIL stipulino una convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali «Al fine di verificare, mediante apposita banca dati informativa, l'andamento delle prestazioni di carattere previdenziale e delle relative entrate contributive, conseguenti allo sviluppo delle attività di lavoro accessorio disciplinate dalla presente legge, anche al fine di formulare proposte per adeguamenti normativi delle disposizioni di contenuto economico».
 

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